"Il ritrovamento ci ha mozzato il
fiato". Lo ha detto il prof. Lorenzo Nigro, docente di
Archeologia e Storia dell'arte del vicino Oriente antico
all'Università "La Sapienza" di Roma, che dal 2002 coordina le
campagne di scavi di una missione dell'Ateneo a Mothia, nel
trapanese, parlando della recente scoperta, sull'isola che fu
importante colonia fenicia, del volto in terracotta della dea
Astarte/Afrodite (compagna di Baal del Kothon, signore delle
acque marine e sotterranee).
"Dopo tanti anni di scavo - spiega Nigro - la continuità
della ricerca archeologica ha portato il suo frutto. La dea ci
si è mostrata così, in tutto il suo splendore, dieci anni dopo
che era stato scavato il suo tempio e che si era capito, prima
dai ritrovamenti, poi da due iscrizioni, che era dedicato
proprio ad Astarte/Afrodite". La scoperta è stata fatta nella
parte meridionale dell'isola a pochi metri dal muro del Tèmenos,
il recinto dell'area sacra del Kothon, nella zona alla cui base
c'era un'àncora antichissima, riconosciuta da Sebastiano Tusa
come di un tipo del II millennio a.C..
"Proprio da quest'insolito monumento - aggiunge Nigro - si è
deciso di riprendere le indagini nella campagna del 2021.
Esattamente davanti all'àncora, è stata scoperta una stipe, di
circa 1 metro di diametro, delimitata da mattoni crudi rossi. Al
centro della stipe era deposta, rovesciata sullo strato di ocra,
una protome femminile in terracotta raffigurante il volto della
dea Astarte/Afrodite: splendente, luminosa, come la definisce
l'epiteto Aglaia ritrovato iscritto sul fondo di un vaso offerto
nel tempio e come la ha mostrata ai nostri occhi pochi giorni or
sono la mano esperta del maestro restauratore Salvatore Tricoli,
con la decorazione dipinta bianca lucente nell'incarnato, rossa
fiammante tra i riccioli dei capelli e dorata nell'ampio diadema
divino".
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