MARCO BOVA, MATTEO MESSINA DENARO,
LATITANTE DI STATO (Ponte alle Grazie, pp.336, euro 16.90). Un
pericoloso criminale che sembra essere diventato un "fantasma"
introvabile nonostante 30 anni di ricerche: cerca di fare luce
sui perché della mancata cattura di uno dei boss più "inseguiti"
della mafia trapanese l'inchiesta del giornalista Marco Bova,
dal titolo "Matteo Messina Denaro, latitante di Stato", in
libreria con Ponte alle Grazie dall'11 novembre. Il libro, con
la prefazione di Paolo Mondani e con la collaborazione e la cura
di Simona Zecchi, ricostruisce e ripercorre le piste seguite e
affossate dal 1993, anno dal quale il boss è ricercato, gli
sforzi dello Stato, il ruolo della magistratura e delle forze
dell'ordine, gli errori e le interferenze, la mancanza di
coordinamento e le gelosie interne. Quello che emerge è un
puzzle ancora da risolvere, in cui al lettore viene presentata
un'incredibile mole di informazioni e di elementi inediti, tra
analisi di fatti e personaggi chiave, fonti dirette,
intercettazioni, interviste (come quella inedita dell'ex sindaco
e professore Antonio Vaccarino, utilizzato in passato dai
servizi per avvicinarsi a Diabolik come anche Messina Denaro
viene chiamato, rilasciata all'autore prima di morire), e
immagini a riprova di quanto affermato. Ma il libro documenta
anche l'evoluzione della mafia in questi anni, divenuta una
"Cosa Nuova", tra legami con la massoneria e con i "salotti
buoni", infiltrazioni nel mondo dell'alta finanza e interessi
internazionali: una mutazione di cui l'imprendibile boss è
divenuto il simbolo.
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