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Febbre Crimea-Congo, uno studio italiano scopre il recettore

Febbre Crimea-Congo, uno studio italiano scopre il recettore

Attivo il monitoraggio su bovini con anticorpi in Basilicata

PADOVA, 10 aprile 2024, 15:08

Redazione ANSA

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. - RIPRODUZIONE RISERVATA

Uno studio pubblicato su Nature ha individuato il recettore dell'ingresso nelle cellule di uno dei virus più tenuti, quello della febbre emorragica Crimea-Congo, letale fino al 40% dei casi e che l'Oms considera una delle malattie infettive di importanza prioritaria e dal potenziale pandemico.
    A renderlo noto è Cristiano Salata, professore di Microbiologia e Virologia al Dipartimento di Medicina Molecolare dell'Università di Padova, inserita nella rete del programma di ricerca Inf-Act, progetto del Ministero dell'Università e della Ricerca sul tema delle malattie infettive emergenti, finanziato nell'ambito del Pnrr con 114,5 milioni di euro.
    "La scoperta - spiega Salata - ha la potenzialità di cambiare le strategie di contrasto di questa febbre emorragica: conoscendo il modo in cui il virus interagisce con le proteine per introdursi nella cellula, potremo scoprire come disattivare il meccanismo. In pratica ora conosciamo la 'serratura' e la 'chiave' che il virus usa per infettare le cellule. È stato il risultato di un'importante collaborazione internazionale, in cui noi abbiamo contribuito consentendo l'identificazione del recettore, recettore che poi si è dimostrato funzionare sia con virus modello di laboratorio che con i virus isolati da pazienti, sia con quelli isolati dalle zecche".
    La febbre emorragica della Crimea-Congo è la seconda febbre emorragica trasmessa da vettore più diffusa dopo la dengue. È una patologia virale trasmessa dalle zecche del genere Hyalomma, che infestano sia mammiferi e uccelli selvatici, sia capi di bestiame. In Europa si sono registrati contagi su esseri umani in Spagna e nei Balcani, mentre la Turchia è tra i principali epicentri della malattia.
    "In Italia - ricorda Salata - non si sono ancora registrati casi di contagio sull'uomo, ma è considerato un paese ad alto rischio di introduzione della malattia. Sebbene al momento non siano state trovate zecche infettate, in Basilicata sono stati individuati dei bovini che avevano gli anticorpi contro il virus, suggerendo una circolazione del virus tra gli animali.
    Questo ci ha spinto ad unire le forze tra vari enti appartenenti ad Inf-Act per una ricerca più meticolosa del virus nel territorio Italiano".
    Il monitoraggio in basilicata è condotto tra il gruppo di Salata dell'Università di Padova e quello di Domenico Otranto, ordinario di malattie parassitarie degli animali all'Università di Bari. Inoltre, con il supporto della rete degli Istituti zooprofilattici si è estesa l'attività di monitoraggio anche al Nord-Est.
   

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