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Piero Raspi, protagonista dell'informale

Lazio

Piero Raspi, protagonista dell'informale

A Roma antologica dell'artista al museo di Villa Torlonia

ROMA, 12 dicembre 2021, 14:30

di Luciano Fioramonti

ANSACheck

Mostre: Piero Raspi, protagonista dell 'informale - RIPRODUZIONE RISERVATA

Mostre: Piero Raspi, protagonista dell 'informale - RIPRODUZIONE RISERVATA
Mostre: Piero Raspi, protagonista dell 'informale - RIPRODUZIONE RISERVATA

ROMA - Un percorso artistico di oltre sessant'anni che non si è ancora fermato, un'attività creativa che ha attraversato momenti felici e una lunga pausa per ripartire cercando strade espressive nuove. Su tutto, però, a spiccare sono gli esordi, la fase informale con cui si affermò dalla metà degli anni Cinquanta fino all'avvento della Pop Art.

Riunisce opere che abbracciano mezzo secolo, dal 1955 al 2005, l'antologica ''Dalla lune al colore'', a cura di Marco Tonelli, dedicata fino al 9 gennaio a Piero Raspi nel Casino dei Principi dei Musei di Villa Torlonia, a Roma. Una cinquantina di dipinti, insieme ad alcune opere dei pittori che con lui fecero parte del gruppo conosciuto come I sei di Spoleto, raccontano la ricerca condotta dal maestro che oggi, alla bella età di 95 anni, continua a dedicarsi all'arte. "E' un bel colpo d' occhio vedere insieme i quadri più importanti della sua produzione'', dice all'ANSA la figlia Raffaella. Raspi, classe 1926, si legò nel 1957 alla galleria romana l'Attico di Bruno Sargentini, che gli assicurò visibilità e rilievo. "Le opere in mostra non sono più state esposte - spiega Raffaella -. Furono viste nella Galleria in mostre tra la fine degli anni Cinquanta e l'inizio dei Sessanta, ma chiuso quel periodo non sono più uscite e sono rimaste nel deposito del collezionista come gran parte delle altre''.

Piero Raspi ebbe due artisti umbri come punti di riferimento, lo scultore Leoncillo Leonardi, spoletino anche lui, e Alberto Burri, maestro dell'astrattismo di Città di Castello. Negli anni Sessanta anche Raspi cominciò a usare per le sue tele polvere di zinco impastata con l'olio di lino ed elementi esterni, come i segni di bruciature prodotte dalla fiamma. Con queste nuove opere partecipò alle Quadriennali dell'epoca e a una Biennale di Venezia. Si dedicò poi al collage, con l'inserimento nelle tele di cartone, spago, pezzi di legni, stracci. La Galleria L' Attico gli permise di frequentare un mondo artistico di più ampio respiro e a confrontarsi con artisti internazionali, come Robert Rauschenberg. ''Vide le sue opere per la prima volta alla Biennale di Venezia e rimase folgorato dal fatto che, senza essersi mai conosciuti, facessero in fondo le stesse cose", osserva la figlia. Il suo periodo di maggior vivacità e vitalità si arrestò nel 1967, quando con la famiglia si trasferì per un periodo negli Stati Uniti, in Pennsylvania . "Con l'arrivo della Pop Art - dice Raffaella - lui e altri artisti ebbero un crollo emozionale molto forte. Pochi continuano a dipingere, molti abbandonano totalmente la scena. Anche mio padre smise. Dal contatto con l'arte americana e con la Pop Art uscì stordito e spento, non si sentiva più in grado di tenere il punto". Lo si nota dalla schematicità delle sue opere 'americane'. Dal 1968 al 1978 si dedicò alle carte e ai gessetti, e poi al colore ton sur ton, prodromo dei monocromi degli anni Ottanta. Dalla fine degli anni Ottanta al 2005 si concentra sui contrasti di colore, "quasi una rinascita per lui, una ripresa di fiducia nelle sue possibilità". Che profilo esce da questa mostra? "Il ritratto di un artista solitario e discreto, che ha dedicato tutta l'esistenza a cercare di esprimere e realizzare le sue idee in qualcosa di materiale. E' sempre stato guidato da una creatività molto forte, tanto da riprendere continuamente anche opere ultimate. Un uomo vivace che oggi ancora lavora, naturalmente al tavolo".

Piero Raspi ama molto i quadri monocromi, ma il recupero della sua giovinezza presentato in questa occasione con le opere informali del primo periodo lo hanno fatto riflettere. A un quadro, in particolare, ha detto di sentirsi legato. E' 'Smaglio', del 1960, che fa parte di un gruppo di tre opere realizzate a poca distanza di tempo e rimaste di sua proprietà. Quando ha partecipato all'inaugurazione dell'antologica a Villa Torlonia e lo ha visto esposto ha commentato: "Questo mi piace, finita la mostra me lo metto in camera". 

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