Se hai scelto di non accettare i cookie di profilazione e tracciamento, puoi aderire all’abbonamento "Consentless" a un costo molto accessibile, oppure scegliere un altro abbonamento per accedere ad ANSA.it.

Ti invitiamo a leggere le Condizioni Generali di Servizio, la Cookie Policy e l'Informativa Privacy.

Puoi leggere tutti i titoli di ANSA.it
e 10 contenuti ogni 30 giorni
a €16,99/anno

  • Servizio equivalente a quello accessibile prestando il consenso ai cookie di profilazione pubblicitaria e tracciamento
  • Durata annuale (senza rinnovo automatico)
  • Un pop-up ti avvertirà che hai raggiunto i contenuti consentiti in 30 giorni (potrai continuare a vedere tutti i titoli del sito, ma per aprire altri contenuti dovrai attendere il successivo periodo di 30 giorni)
  • Pubblicità presente ma non profilata o gestibile mediante il pannello delle preferenze
  • Iscrizione alle Newsletter tematiche curate dalle redazioni ANSA.


Per accedere senza limiti a tutti i contenuti di ANSA.it

Scegli il piano di abbonamento più adatto alle tue esigenze.

25 anni dalla strage dei Georgofili

25 anni dalla strage dei Georgofili

A Firenze si indaga ancora una volta sui 'mandanti occulti'

FIRENZE, 24 maggio 2018, 07:24

Redazione ANSA

ANSACheck

- RIPRODUZIONE RISERVATA

- RIPRODUZIONE RISERVATA
- RIPRODUZIONE RISERVATA

(di Domenico Mugnaini)
Quando i centralini dei vigili del fuoco, carabinieri e polizia iniziarono a suonare mezza Firenze era già in piedi, svegliata da quel forte boato che non era il terremoto come in molti pensarono. Qualcosa di grave, alle 1,04 del 27 maggio 1993, era successo tra la Galleria degli Uffizi e piazza Signoria. Le fiamme e il fumo si alzarono subito mentre i vetri dei palazzi saltavano anche al di là dell'Arno come quelli del museo, di Palazzo Vecchio, e la storica torre del Pulci, sede dell'ancor più antica Accademia dei Georgofili, che aveva resistito nei secoli, si sbriciolava uccidendo Caterina, di soli 50 giorni, Nadia di 9 anni, i loro genitori, Fabrizio Necioni, 39 anni, e Angela Fiume di 36, e Dario Capolicchio, uno studente 22enne che abitava in un appartamento davanti alla torre. 48 furono i feriti e incalcolabili i danni al patrimonio storico-artistico. A 25 anni di distanza su quell'attentato non è stata messa la parola fine e la procura di Firenze, da qualche mese, ha aperto una nuova inchiesta sui così detti 'mandanti occulti', su una verità che potrebbe cambiare la storia del Paese ma che, per farlo, deve trovare il bandolo di una matassa fino ad ora mai sciolta. Quella notte le sirene delle ambulanze e dei pompieri risuonarono subito in tutto il centro di Firenze. Ai primi soccorritori apparve uno scenario di guerra: nel loggiato degli Uffizi si camminava su un tappeto di vetri, entrare in via Lambertesca e in via dei Georgofili, dove dai tubi del gas si sprigionavano alte le fiamme, era quasi un'impresa. Poche ore dopo, intorno alle 6, per il procuratore capo Piero Luigi Vigna e per il pm Gabriele Chelazzi, quella che sembra una tragica fatalità causata da una grossa fuga di gas, diventò un'altra verità: era stata una mano assassina a posteggiare in quel piccolo vicolo un Fiat Fiorino riempito con quasi 300 chili di tritolo. Un atto terroristico che nei primi momenti nessuno riuscì a catalogare. Un anno prima le stragi di Capaci e Palermo avevano ucciso Falcone e Borsellino e gli uomini delle scorte.
    Ma Firenze era lontana dalla Sicilia: che interesse poteva avere la mafia? Eppure fu proprio questa la pista seguita dagli inquirenti fiorentini che ben presto collegarono a Cosa nostra gli autori e i mandanti di quella strage. Come poi stabilirono i processi, i boss Totò Riina e Bernardo Provenzano, con i fratelli Giuseppe e Filippo Graviano, avevano progettato di colpire lo Stato, per chiedere di allentare il regime del 41 bis. Cosa c'era di meglio e di più facile da attaccare del suo patrimonio artistico? Ecco perchè Firenze diventò un obiettivo primario. Nel 1996, il primo processo si concluse con 14 condanne all'ergastolo. Quattro anni dopo, nel secondo processo, all'ergastolo venne condannato anche Riina, considerato l'ideatore. Poi altri processi e altre condanne, per Francesco Tagliavia e per il pescatore siciliano Cosimo d'Amato che avrebbe fornito il tritolo. Delle indagini si sono occupati prima Vigna e Chelazzi (quest'ultimo morto per un infarto nell'aprile 2003), poi i pm Giuseppe Nicolosi e Alessandro Crini. Tante anche le inchieste 'difficili', a partire da quella aperta nel 1996 dopo le dichiarazioni dei primi pentiti, per capire se c'erano stati i 'mandanti occulti' di cui parlavano già nei mesi successivi alla strage Vigna e Chelazzi. Silvio Berlusconi e Marcello Dell'Utri vengono indagati ma il gip Giuseppe Sorresina due anni più tardi archivierà l'inchiesta. Le dichiarazioni di Gaspare Spatuzza danno nuova linfa agli inquirenti fiorentini che, tra il 2009 e il 2013, tornano ad occuparsi del leader di Forza Italia. Mai su quest'inchiesta ci sarà una conferma dalla procura e nessuna prova venne trovata.
    Nell'estate del 2017, con l'arrivo a Firenze, da Palermo, delle trascrizioni delle intercettazioni in carcere di Giuseppe Graviano, nell'ambito dell'inchiesta sulla 'trattativa' Stato-mafia, il procuratore Giuseppe Creazzo riapre un fascicolo, affidato al sostituto Luca Turco e al pm Angela Pietroiusti, su Berlusconi e Dell'Utri. Il boss di Brancaccio, riferendosi alle stragi del 1993, parlerebbe infatti di un piacere chiesto a Cosa nostra da Berlusconi. Le carte, ma alla procura fiorentina hanno le bocche cucite, sarebbero in mano agli uomini della Dia che lì cercano nuovi spunti di indagine.
    Un lavoro certosino, secondo alcune fonti, che al momento non avrebbe prodotto novità, e che appare lungo: si tratterebbe di rileggere oltre un anno e mezzo di intercettazioni, senza la certezza di un risultato che chiuda, in un modo o nell'altro, la storia di quella notte del 27 maggio 1993. 

Riproduzione riservata © Copyright ANSA

Da non perdere

Condividi

O utilizza