"Scrivere fiction e romanzi dopo la
pandemia sarà da un lato una cosa bella perché l'avremo
superata, e dall'altro non lo sarà perché, purtroppo, la avremo
dimenticata". Ne è convinto lo scrittore, autore e conduttore
televisivo e sceneggiatore di serie tv Carlo Lucarelli, che oggi
è stato ospite di un appuntamento online di Mondofuturo, ciclo
di incontri organizzato sui propri canali social da Trieste
Science+Fiction Festival.
"Spero davvero che nella scrittura futura rimanga qualcosa
del periodo che stiamo vivendo", ha spiegato Lucarelli. "Non
credo, tuttavia, che ciò accadrà - ha aggiunto - perché questo
periodo è molto complicato, anche dal punto di vista
psicologico, e penso che alla fine sarà molto più facile
'saltarlo', andando, anche nella scrittura, direttamente dal
2019 al 2023. Così facendo, però - ha precisato - molte belle
cose da raccontare purtroppo andranno perdute". Parlando del suo
ultimo libro, "L'inverno più nero" (Einaudi), ambientato a
Bologna nel 1944 e con protagonista lo "storico" commissario De
Luca con le sue incertezze e paure, Lucarelli ha detto di
considerare la paura, "una cosa positiva". "Non solo perché me
ne occupo come scrittore e sceneggiatore - ha chiarito -, ma
anche perché dal punto di vista umano è una sfida confrontarsi
con essa e capire che abbiamo la possibilità di superarla". A
chi gli chiedeva se vi fossero analogie tra la vicenda
raccontata nel suo ultimo romanzo e l'attualità, Lucarelli ha
risposto citando proprio l'atteggiamento del protagonista.
"Voltandosi dall'altra parte per concentrarsi sulle sue passioni
- ha precisato - non si è accorto di alcune cose che all'epoca
gli accadevano intorno, salvo poi trovarsi a doverle
fronteggiare". Lo stesso succede a noi oggi, ha evidenziato
l'autore. "Anche noi ci voltiamo dall'altra parte, ma sono la
stessa Terra, il clima, l'ambiente a dircelo: attenti, che poi
vi girate e vi trovate nel pieno di una pandemia, e vi chiedete
anche da dove sia venuta".
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