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Da Shakespeare a Camus, epidemia e creatività

Da Shakespeare a Camus, epidemia e creatività

Re Lear nell'anno della peste. Anche Newton scoprì la gravità

NEW YORK, 22 marzo 2020, 19:49

Alessandra Baldini

ANSACheck

William Shakespeare - RIPRODUZIONE RISERVATA

William Shakespeare - RIPRODUZIONE RISERVATA
William Shakespeare - RIPRODUZIONE RISERVATA

William Shakespeare scrisse "Re Lear", "Macbeth" e "Antonio e Cleopatra" durante la peste del 1606. Isaac Newton scoprì le leggi della gravita' mentre si trovava in auto-quarantena durante un'altra grande pestilenza del XVII secolo, l'epidemia del 1665. L'isolamento in alcuni casi stimola la creatività. Basti pensare al Decamerone, la raccolta di 100 novelle di Giovanni Boccaccio raccontate da sette giovani donne e tre uomini chiusi in una villa fuori Firenze per salvarsi dalla "Morte Nera" alla metà del Trecento. O a John Donne, che nel 1623, mentre temeva di finire vittima della peste, compose alcuni dei suoi versi più famosi tra cui "Nessun uomo è un'isola" che ha poi ispirato Ernest Hemingway. Più vicino a noi, "La Peste" di Albert Camus fu composta tre anni dopo lo scoppio di un focolaio di peste bubbonica in Algeria, mentre "Angels in America" di Tony Kushner e "Rent" di Jonathan Larson sono emersi dall'epidemia dell'Aids.
    Davanti a un'emergenza epocale come quella che non solo l'Italia sta attraversando in questi giorni, la necessità dell'isolamento forzato per alcuni significa la perdita di sicurezza e di risorse, ma per altri diventa opportunità di finire quello che non si era mai ultimato, fosse un maglione ai ferri o la coperta all'uncinetto, una sinfonia, un romanzo.
    Vero è che né Donne, né Shakespeare, né Newton né Camus avevano Netflix per distrarsi o i continui fili Twitter e Facebook che alimentano ossessivamente le proprie paure, ma Shakespeare scrisse alcuni dei suoi migliori lavori durante una epidemia in cui "i teatri erano prevalentemente chiusi" e "si diceva che i lavori teatrali erano le cause della peste", ha scritto Daniel Pollack-Pelzner su "The Atlantic".
    Per Newton gli anni 1665-1667, quelli della Great Plague di Londra che provocò decine di migliaia di morti soltanto nella capitale, furono quelli in cui "il suo genio fu liberato" e "il prezioso materiale che ne è risultato ha portato a una nuova comprensione del mondo", ha osservato il biografo Philip Steele.
    Cambridge, dove lo scienziato insegnava, aveva chiuso le università per prevenire il contagio e Newton si ritirò nella sua casa di campagna a Woolsthorpe concentrandosi a studiare la rifrazione della luce e il calcolo differenziale e integrale. Fuori da quella casa c'era un albero di mele: quell'albero di mele. La storia della scoperta della gravità è probabilmente in buona parte apocrifa, ma l'assistente dello scienziato, John Conduitt, riferì che l'idea dell'attrazione gravitazionale venne a Newton mentre passeggiava in un giardino e colse la metafora della mela che cade a terra come illustrazione della teoria che stava elaborando.
   

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