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30 anni fa se ne andava il grande Ugo Tognazzi

30 anni fa se ne andava il grande Ugo Tognazzi

ROMA, 25 ottobre 2020, 17:59

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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(di Giorgio Gosetti) Nella notte del 27 ottobre di 30 annifa, sorpreso nel sonno da un'emorragia cerebrale, se ne andava asoli 68 anni Ugo Tognazzi, indimenticabile «colonnello» dellacommedia all'italiana. Erano 3, come i moschettieri: ilcremonese e ruspante Tognazzi (Porthos), il gigione eintellettuale Gassman (Aramis), il sommesso ciociaro Manfredi(Athos). A loro la mitologia del cinema italiano aggiungevasempre un quarto, una sorta di D'Artagnan coi modi eleganti diMastroianni. Tognazzi nasce a Cremona il 23 marzo del 1922. La famiglia ètutt'altro che ricca e quando Ugo finisce la scuola è già tempodi trovare un lavoro.
    Lo assumono in un salumificio ma conservail posto soprattutto per merito delle recite filodrammatiche chemette in scena al dopolavoro. L'arte della comicità servirà aTognazzi per stare defilato anche durante la guerra quando siimpegna soprattutto a organizzare spettacoli leggeri per ilmorale delle truppe. A guerra finita approda a Milano e viene baciato dallafortuna perché si fa notare da Wanda Osiris a una serata didilettanti al teatro Puccini. Assunto in compagnia si costruisceuna brillante carriera di « primo giovane » e intrattenitore.Lascia il lavoro e nel 1950 scende a Roma sulla via di Cinecittàperché «col cinema si guadagna di più. Ma niente come il teatro-dirà - restituisce il calore del contatto diretto che io ho poiricostruito con la mia vera vocazione, la cucina. Preparare unacena e vedere l'espressione soddisfatta dei commensali è propriocome finire una serata in teatro quando il pubblico ti applaude.Per questo considero il cinema solo come il mio hobby preferito». Il primo ruolo sullo schermo glielo affida Mario Mattoli ne «i cadetti di Guascogna » del 1950 a fianco di Walter Chiari chegli ruba la scena. L'anno seguente incontra invece RaimondoVianello e i due faranno coppia fissa per tutti gli anni '50arrivando al grande pubblico con il trionfale successo di moltepellicole, ma soprattutto col varietà televisivo «Un, due, tre». Nel 1959, a causa di una scenetta satirica sul presidentedella Repubblica Gronchi, il programma viene chiuso senzapreavviso e i due licenziati dalla Rai. Ma il cinema ha ormaiadottato quel lombardo che sforna film a raffica (12 nel solo1959) ed è ormai pronto per parti da protagonista senza rivali.Se ne accorge Luciano Salce che con lui si afferma grazie a « Ilfederale » (1961) per poi stringere un lungo sodalizio. Se neaccorge Dino Risi che ne replica il successo con «La marcia suRoma » del '62.La carriera di Ugo Tognazzi da quel momento è un'ascesacostante che diviene sfida a se stesso: non è un uomo bello,secondo i canoni tradizionali, ma ha fascino da vendere; non èun attore intellettuale e colto come il suo amico Gassman, manon c'è autore di qualità che non lo cerchi; ha l'improntadell'uomo normale ma con l'altro amico d'elezione, MarcoFerreri, cerca l'eccesso, la provocazione, il surrealismo calatonella rappresentazione realista della vita. Nascono cosìcapolavori come « La donna scimmia », « L'udienza », «La grandeabbuffata ». Per Monicelli darà vita invece alla saga di « Amicimiei » con l'irresistibile maschera del Conte Mascetti. Con Risie Scola stringerà un sodalizio profondo che frutta grandisuccessi come "Straziami ma di baci saziami" o "La terrazza". Un vitalismo insaziabile che si traduce nella capacità dirischiare ogni volta, spinge Tognazzi ad evitare gli schemi e le"parrocchie" del cinema italiano: incrocia Elio Petri ("Laproprietà non è più un furto") e Bernardo Bertolucci ("Latragedia di un uomo ridicolo" con cui vince la Palma d'oro aCannes nel 1981); sostiene gli esordi di Pupi Avati ("La mazurcadel barone...") e si traveste da gay per Edouard Molinaro ne "Ilvizietto" che sul finire degli anni '70 lo rilancia in tutto ilmondo. Continua a tenere un ritmo di lavoro infernale (almeno duefilm all'anno) ma dalla metà degli anni '80 torna sempre più difrequente al teatro, passa molto tempo a Parigi, si fasorprendere dalla malattia più infida e crudele: la depressione.Ormai a poco servono i grandi raduni tra la casa di Velletri equella di Torvajanica dove col pretesto di un torneo di tennistra amici e colleghi si passa il tempo in pantagruelichetavolate. Pur con intorno l'affetto dei figli avuti da ben trematrimoni e la dolcezza dell'ultima moglie Franca Bettoja, ilgrande attore si isola sempre più spesso, si lancia in una serietelevisiva che non porterà a termine, "Una famiglia in giallo".Lascerà in sospeso anche il progetto di una nuova regia, percorso cominciato dietro lamacchina da presa già negli anni '60 ("Il mantenuto") e che gliaveva portato buon consenso critico con titoli come "Il fischioal naso", "Cattivi pensieri", "I viaggiatori della sera".A vent'anni dalla morte, sua figlia Maria Sole gli hadedicato un documentario, "Ritratto di mio padre", che nerecupera la dolcezza e la sensibilità anche fuori dal set,mentre i figli Ricky e Gianmarco (entrambi attori/autori) hannospesso cercato mostrare la stessa naturalezza interpretativa,frutto di una passione autodidatta.
    Tognazzi fa parte di quelmanipolo di "mattatori" che hanno fatto grande il cinemaitaliano mettendo in mostra tutti i difetti, le viltà, lefragilità dell'uomo contemporaneo. Ma rispetto agli altri (Sordiad esempio) il cremonese Ugo ha saputo regalarci una mascheramai definibile, mai stereotipata, sempre amorevole.
   
   

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