(di Fausto Gasparroni)
(ANSA) - CITTÀ DEL VATICANO, 20 GEN - A quasi nove anni dalla
storica rinuncia al pontificato - 11 febbraio 2013 -, dalla
natia Baviera si allungano sulla figura del Papa emerito
Benedetto XVI 'ombre' sulla gestione dei casi di pedofilia negli
anni in cui era arcivescovo di Monaco e Frisinga, tra il 1977 e
il 1982. Una bufera nella bufera, si potrebbe dire, dal momento
che per la prima volta un rapporto indipendente sui casi di
abusi sessuali sui minori commessi da chierici chiama in causa
direttamente, per presunte negligenze od omissioni, la figura di
un Pontefice, peraltro ancora in vita, seppur "emerito". E se
l'indagine promossa dall'arcidiocesi bavarese sull'arco
temporale dal 1945 al 2019, condotta dallo studio legale
Westpfahl-Spilker-Wastl, come ha già fatto quella
sull'arcidiocesi di Colonia scuote nel profondo la Chiesa
tedesca, i suoi riflessi negativi si estendono ancora alla
Chiesa universale, di cui Joseph Ratzinger è stato il pastore
supremo, dopo essere stato per 24 anni custode massimo della
dottrina cattolica, quale prefetto della Dottrina della Fede nel
pontificato di Giovanni Paolo II.
Un corto circuito da far tremare i polsi, quello prodotto
oggi dai quattro casi di "comportamenti erronei" attribuiti
all'allora arcivescovo Ratzinger, pur prontamente respinti dallo
stesso Papa emerito in una memoria allegata al dossier. Una
smentita, comunque, che i legali incaricati dall'arcidiocesi
ritengono "poco credibile", avendo Ratzinger sostenuto di non
essere stato presente a una seduta importante nel 1980, nella
quale si decise di ammettere un prete pedofilo
nell'arcivescovado di Monaco e impiegarlo nella cura delle
anime.
Sempre l'allora arcivescovo, stando al rapporto, non avrebbe
intrapreso nulla nei confronti dei quattro religiosi accusati di
abusi, in due casi documentati perfino da tribunali statali. I
due preti sarebbero rimasti attivi nella diocesi, senza che
nulla fosse intrapreso sul piano del diritto ecclesiastico.
Inoltre, un interesse per le vittime da parte di Ratzinger "non
è stato ravvisabile". Colpi pesanti come macigni, davanti ai
quali il Papa emerito reagisce per ora, in attesa di conoscere
il rapporto di oltre 1.000 pagine, esprimendo "il turbamento e
la vergogna per gli abusi sui minori commessi dai chierici", e
manifestando "la sua personale vicinanza e la sua preghiera per
tutte le vittime, alcune delle quali ha incontrato in occasione
dei suoi viaggi apostolici", come dichiara il suo segretario
mons. Georg Gaenswein. Secondo il dossier, proprio Ratzinger -
che ora, a quasi 95 anni, trascorre i suoi giorni nella quiete
dell'ex Monastero Mater Ecclesiae - potrebbe essere incorso
allora in quella che era la prassi dei decenni passati:
occultare, coprire, insabbiare, tutt'al più spostare i pedofili
altrove (dove poi reiteravano gli abusi), solo per difendere il
'buon nome' della Chiesa.
Una prassi, e questo va ricordato con forza, che invece è
stato proprio papa Benedetto XVI - il primo, da cardinale, a
denunciare la "sporcizia" nella Chiesa - a spezzare negli anni
del suo Pontificato, intraprendendo con grande sforzo e faticosa
determinazione la strada della trasparenza e dell'ascolto delle
vittime, e a scoperchiare l'autentico 'vaso di Pandora' della
pedofilia nel clero.
Una strada continuata con ulteriore risolutezza e tenacia dal
successore papa Francesco, inflessibile sulla linea della
"tolleranza zero" sia sulla condanna dei colpevoli, come anche
sulla responsabilità e punibilità dei vescovi (accountability)
per le vecchie omertà e coperture, che ha portato a mettere
praticamente sotto giudizio interi episcopati, si veda solo la
vicenda esemplare del Cile.
Su un aspetto, comunque, nel susseguirsi dei vari rapporti
nazionali e delle migliaia di casi di preti pedofili e relative
coperture che vengono alla luce, Bergoglio invita alla prudenza,
con un accento che potrebbe riguardare anche il dossier su
Monaco. "Quando si fanno questi studi, dobbiamo essere attenti
nelle interpretazioni, che si facciano per settori di tempo.
Quando si fa su un tempo così lungo - avvertiva il 6 dicembre
scorso, durante il volo che lo riportava in Italia dalla Grecia
-, c'è il rischio di confondere il modo di sentire il problema
di un'epoca, 70 anni prima dell'altra. Vorrei soltanto dire
questo, come principio. Una situazione storica va interpretata
con l'ermeneutica dell'epoca, non con la nostra". (ANSA).