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Consip: Renzi e la telefonata al padre. Ex premier: "Pubblicazione vergognosa". Violazione di segreto istruttorio, Orlando avvia verifiche

M5s all'attacco, è cricca

Il ministro della giustizia Andrea Orlando, tramite l'ispettorato generale, ha avviato accertamenti preliminari presso gli uffici interessati in relazione all'avvenuta pubblicazione del contenuto delle intercettazioni, relative al dialogo tra Matteo Renzi e suo padre, disposte nel corso delle indagini Consip.

"Sono 20 anni che c'è il malcostume di pubblicare le intercettazioni anche irrilevanti, è vergognoso ma io lascio al codice deontologico dei giornalisti, sono sostenitore del lavoro dei giornalisti ma io non chiedo alcunchè", ha detto Matteo Renzi durante la diretta fb. "Qualcuno viola la legge e non siamo noi", ha aggiunto.

"Il Fatto pubblica con grande enfasi delle intercettazioni tra me e mio padre. Nel merito ribadiscono la mia serietà visto che quando scoppia lo scandalo Consip chiamo mio padre per dirgli: 'Babbo, questo non è un gioco, devi dire la verità, solo la verità'". Lo scrive su Fb Matteo Renzi.  "Politicamente le intercettazioni mi fanno un regalo. La pubblicazione è come sempre illegittima. Ma non ho alcun titolo per lamentarmi: non sono il primo a passare da questa gogna mediatica. Anzi: ad altri è andata peggio. Qualcuno si è tolto la vita, qualcuno ci ha rimesso il lavoro".

La procura di Roma ha aperto un fascicolo per violazione del segreto istruttorio e per pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale in relazione alla intercettazione della telefonata.

"Chi ha sbagliato - scrive Renzi - pagherà fino all'ultimo centesimo, comunque si chiami. Spero che valga anche per chi - tra i giornalisti - ha scambiato la ricerca della verità con una caccia all'uomo che lascia senza parole". "Possono costruire scandali o pubblicare prove false quanto vogliono. Noi crediamo nella giustizia. Ci fidiamo delle istituzioni italiane".

L'INTERCETTAZIONE

"Babbo devi dire tutta la verità ai magistrati": così Il Fatto quotidiano riporta un'intercettazione del 2 marzo di quest'anno tra Matteo Renzi e il padre Tiziano, alla vigilia della convocazione di quest'ultimo in procura, nell'ambito della vicenda Consip. Il brogliaccio è riportato nel libro del giornalista Marco Lillo 'Di padre in figlio'.

"E' una cosa molto seria", afferma l'ex premier, secondo quanto ricostruito da Lillo: "Devi ricordarti tutti gli incontri e i luoghi, non è più la questione della Madonnina e del giro di merda di Firenze per Medjugorje".

E ancora: "Devi dire nomi e cognomi", "Mazzei è l'unico che conosco anche io". "È vero che hai fatto una cena con Romeo?", è la domanda dell'ex premier.

E i carabinieri - riporta il quotidiano - annotano: "Tiziano dice di no e che le cene se le ricorda ma i bar no". Quindi Matteo Renzi: "Non ti credo e devi immaginarti cosa può pensare il magistrato". E ancora: "Andrai a processo, ci vorranno tre anni e io lascerò le primarie", "non puoi dire bugie o non mi ricordo e devi ricordarti che non è un gioco".

M5s all'attacco, è cricca -  "Ci sono troppi aspetti opachi poi rispetto agli incontri di Tiziano Renzi con Alfredo Romeo e Carlo Russo a Roma. Si parla di bettole, ristoranti e bar: uno spaccato inquietante che fa comprendere di che pasta è fatto il Giglio magico. Lo stesso gruppo di potere che faceva pressione sul governatore della Puglia Emiliano per fissare un incontro con Carlo Russo. Questa cricca sta continuando a danneggiare le istituzioni e, soprattutto, i cittadini: da banca Etruria a Consip, passando per le macerie in cui sta abbandonando il Paese". Lo dicono i capigruppo M5s Roberto Fico e Carlo Martelli.

"Matteo Renzi e Maria Elena Boschi sono due bugiardi. Le due facce dello stesso governo bugiardo che ha mentito agli italiani per proteggere gli affari di famiglia". Lo scrive su Facebook Luigi Di Maio (M5s). "Hanno infettato le istituzioni con la menzogna. Dobbiamo fare di tutto per liberare le istituzioni dalla malattia del "renzismo". Organizziamoci e cacciamoli via", aggiunge il deputato facendo riferimento al caso Consip.
   

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