ROMA - L'evasione fiscale secondo i commercialisti italiani si combatte (anche) sfoltendo la selva di "adempimenti inutili e poco produttivi" cui sono soggetti i contribuenti, e che affollano le scrivanie dei professionisti. Ed un reale progetto di semplificazione tributaria non può prescindere dalla "introduzione della 'Local tax', frutto dell'unificazione di Imu (Imposta municipale unica) e Tasi (Tassa sui servizi indivisibili)". Una 'ricetta' con pochi, essenziali ingredienti quella illustrata dal presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti Massimo Miani, nell'Assemblea generale della categoria. Oltre ai due 'tasselli' già menzionati, per la guida dei professionisti economico-giuridici della Penisola è fondamentale perseguire l'obiettivo della "diminuzione della pressione fiscale", a partire da "una congrua riduzione dell'aliquota Irpef (Imposta sul reddito delle persone fisiche) del 38% per lo scaglione di redditi oltre i 28.000 e fino ai 55.000 euro"; così facendo, si darebbe respiro al cosiddetto 'ceto medio', quegli "oltre sei milioni gli italiani che non hanno beneficiato di alcuna delle importanti misure varate dal precedente Governo su lavoro e produzione", ossia non sono rientrati nel 'bonus 80 euro' perché sopra l'asticella dei 26.000 euro di reddito, e non hanno goduto neppure delle facilitazioni su Irap (Imposta regionale sulle attività produttive) e Ires (Imposta sul reddito delle società). Pertanto, il prossimo intervento istituzionale, "nell'ordine di qualche miliardo, quando sarà concretamente attuabile, dovrà andare a questa fascia della popolazione, sia per questioni di ripristino di una progressività fiscale equa, sia per l'aumento della disponibilità di reddito per consumi", ha argomentato Miani. In generale, infine, a chi si incarica di gestire gli obblighi verso il Fisco, sono necessari "una maggiore stabilità e certezza normativa ed il rispetto dei principi dello Statuto dei diritti del contribuente".
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